SENEGHE E IL MONTIFERRU
4 Aprile 2024
Tra i significati che si attribuiscono al toponimo Seneghe, il più affascinante è quello che lo collega a s’ena, la vena d’acqua che trabocca dalle sorgenti e dai pozzi disseminati nel territorio e nell’abitato. La presenza dell’acqua è il principale motivo che ha spinto millenni prima di oggi, alcune popolazioni a scegliere la propria sede sul pianoro che interrompe la discesa verso la pianura del Campidano. Nel territorio di Seneghe, le più antiche testimonianze archeologiche risalgono a circa 2000 anni prima di Cristo, all’inizio della civiltà nuragica, e ancora oggi segnano profondamente il paesaggio. Ci sono alcune tombe di giganti e almeno un centinaio di nuraghi. Insieme al paesaggio agrario con alberi sparsi e macchia mediterranea, questi monumenti costituiscono uno degli elementi di interesse del territorio seneghese. A partire dall’arrivo dei fenici e dei punici sulla costa occidentale, la vicenda del territorio seneghese si lega a Cornus e alla sua storia. Dove è posto oggi l’abitato di Seneghe e nelle campagne, si hanno tracce di presenza punica e romana. Mentre i sardi indigeni continuano ad abitare attorno ai nuraghi che vanno in rovina, nelle campagne sorgono le ville romane. Il dominio delle popolazioni provenienti dall’Africa e dalla penisola italiana, pur avendo condizionato la vita degli abitanti per secoli, non ha lasciato tracce significative sul territorio. Il nome di Seneghe compare per la prima volta in età storica nel XII secolo con una citazione nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. È una delle sette ville che compongono la curatoria di Parte Milis, distretto amministrativo istituito dai Giudici d’Arborea ai confini settentrionali del loro regno. Seneghe è stato quasi sempre il centro più popoloso del distretto e lo divenne ancora di più durante e dopo l’arrivo degli eserciti catalano-aragonesi e la lunga guerra di conquista tra XIV e XV secolo. Le popolazioni che fuggivano dai villaggi abbandonati e dalla pianura infiammata dalla guerra trovarono rifugio a Seneghe, favorita anche dalla posizione elevata sulla pianura malarica. Alla fine del periodo giudicale il paese fu incluso con il Campidano di Milis nel Marchesato di Oristano, composto dalla città e dai tre Campidani. Gli interessi dei sovrani, prima i Giudici e poi i Re di Spagna, erano presenti a Seneghe nel possesso del Monte. Le pendici alte del Montiferru ricoperte dalla foresta, un tempo usate per le cacce giudicali, venivano affittate dal demanio regio a privati per il pascolo e il ghiandatico. Nella struttura sociale seneghese aveva un ruolo fondamentale anche la Chiesa, unico organismo che consentisse la promozione sociale a un popolo di contadini e pastori. Fu grazie ad essa che si realizzò l’ascesa al cardinalato di Agostino Pippia (Seneghe 1660-Roma 1730). Dopo la lenta crescita nei secoli spagnoli, Seneghe vide, nel Settecento, un ulteriore accrescimento demografico ed edilizio, nonostante le ricorrenti carestie. A fine secolo arrivò a sfiorare i duemila abitanti. Testimoni di un’epoca di fiducia, sono le due piccole chiese costruite in posizioni dislocate rispetto alla parrocchia, la chiesa di Sant’Antonio di Padova che conserva ancora l’impianto originario e quella di Sant’Agostino, demolita nell’Ottocento. Tra Seicento e Settecento il paese acquistò, dal punto di vista urbanistico, l’aspetto odierno. Le case fatte di pietra hanno gli ingressi, sia interni che esterni, valorizzati dalle decorazioni sulla pietra cantone: oltre alle onnipresenti rosette a sei petali, numerose le dentellature, i simboli religiosi, i soli e le spirali e soprattutto la fiamma a cuspide del gusto arabeggiante iberico. L’affermazione nell’Ottocento di un’architettura più leggera fondata sul basalto scolpito, ha fatto passare di moda lo stile precedente, che è comunque ben visibile in molte case restaurate negli ultimi decenni. Il relativo miglioramento delle condizioni economiche nel corso dell’Ottocento si è concretizzato nella costruzione della nuova chiesa parrocchiale, durata un secolo e terminata nel 1898. La vivacità economica e culturale del paese emerge dopo la Grande Guerra, che costa un tributo di sangue notevole a Seneghe come al resto della Sardegna. Due giovani seneghesi sono tra i massimi dirigenti del movimento dei combattenti e fondatori del Partito Sardo d’Azione. Nel 1924 alle elezioni politiche 2 dei 12 deputati sardi sono i seneghesi Paolo Pili e Antonio Putzolu. Alla fine della guerra, l’inserimento nelle nuove dinamiche economiche, comporta l’abbandono della cerealicoltura, la scelta esclusiva dell’allevamento bovino ed ovino accanto alla persistente olivicoltura, e l’emigrazione verso le regioni dell’Italia del nord e dell’Europa di fasce intere della popolazione locale. Cessa anche un’attività di estrazione del minerale di ferro ai confini occidentali del territorio, durata solo pochi anni per le difficoltà di trasporto del materiale dalla montagna in pianura a dorso di animali.
(di Mario Cubeddu, Insegnante)
Il Comune di Seneghe si trova nel settore centro-occidentale della Sardegna, sulle pendici meridionali del Montiferru, che chiude a nord la pianura del Campidano e, insieme alla catena del Marghine-Goceano, contribuisce a dividere in due parti l’Isola. Il paese è situato a circa 310 m s.l.m., al centro di un territorio prevalentemente collinare, che si estende dalle ultime propaggini del Campidano (40 m s.l.m) fino a lambire le quote più elevate del massiccio del Montiferru (825 m s.l.m). Il Montiferru costituisce il più ampio complesso vulcanico della Sardegna; Il vulcanismo si inquadra nell’ambito del magmatismo “basaltico” iniziato nel Pliocene superiore, caratteristico di varie zone dell’Isola, ma con caratteristiche locali peculiari che lo contraddistinguono. Le rocce vulcaniche vengono attribuite a due distinti cicli vulcanici, separati da una trasgressione marina, causata dall’abbassamento tettonico dell’Isola durante il Miocene, di cui sono testimonianza le rocce calcaree che si osservano nelle aree sud-occidentali del territorio. Il ciclo vulcanico più antico, collegato alla rotazione della placca Sardo-Corsa, ha portato alla formazione di vulcaniti di tipo riolitico-andesitico mentre il secondo, legato alla subsidenza del bacino tirrenico, ha originato le lave basaltiche che hanno determinato l’attuale struttura della montagna. Dal punto di vista geomorfologico il paesaggio si presenta aspro con forme coniche e rilievi dalle creste appuntite, versanti ripidi e rocciosi, separati da vallate che contrastano con i corpi tabulari di Monte Mesu ‘e Roccas e Monte Rassu; nelle aree meridionali il paesaggio diventa più dolce, collegandosi con le ultime propaggini del Campidano. La rete idrografica è costituita da corsi d’acqua a carattere stagionale e numerose sorgenti, gran parte delle quali a piccole portate stagionali. Il territorio presenta una fisionomia tipica, dove i pascoli e gli oliveti definiscono i lineamenti del paesaggio. Molto ricca la vegetazione naturale, con prevalenza di boschi di leccio e sughera; sono anche presenti boschi a querce caducifoglie, boscaglie a olivastro e boschi ripariali, oltre a lembi relitti di cenosi ad alloro, tasso e agrifoglio, di notevole interesse conservazionistico. Nelle zone montane dominano i boschi di leccio e agrifoglio, con edera e clematide vitalba e uno strato erbaceo dominato da ciclamino primaverile, erba fragolina, felce setifera e felce aquilina che costituiscono formazioni forestali di assoluto pregio naturalistico. Nelle zone alto-collinari sono presenti estesi boschi di leccio, tipici per la presenza di un ricco contingente di specie lianose (clematide vitalba, edera, etc.) e uno strato erbaceo con ciclamino primaverile e viola di Dehnhardt, che si estendono con continuità nel Montiferru. Diffuse le sugherete che, nella parte settentrionale, costituiscono un bosco misto con querce caducifoglie, mentre nell’area di Monte Rassu si differenziano per la presenza di leccio, corbezzolo, erica arborea e mirto, evidenziando il passaggio verso aree maggiormente termofile. Nelle aree basso-collinari, dominano i boschi di leccio e olivastro, con alaterno, ilatro e corbezzolo nel sottobosco e salsapariglia, robbia selvatica, caprifoglio mediterraneo, carice mediterranea e asplenio maggiore nello strato erbaceo. Nelle aree più meridionali questi boschi si arricchiscono di sughera, con la presenza di arbusti caducifogli e un ricco strato lianoso (tamaro, salsapariglia, caprifoglio mediterraneo e rosa di San Giovanni), insieme alle boscaglie a olivastro, con asparago bianco, lentisco, clematide cirrosa, ilatro e arisaro comune. Lungo i corsi d’acqua sono presenti boschi ripariali di olmo campestre e salici nelle situazioni pianeggianti, mentre nei corsi d’acqua a scorrimento veloce si possono osservare lembi residui di boschi a galleria di ontano nero. Tra le piante endemiche merita citare la quercia di Sardegna, il salice di Arrigoni, la viola sardo-corsa, il finocchio-acquatico di Sardegna (esclusive della Sardegna), la silene nodulosa, la stregona di Corsica, lo spillone di Sardegna, l’erba di Santa Barbara di Sardegna, la digitale purpurea e la sassifraga sardo-corsa (endemiche Sardo-Corse). Anche la fauna è molto ricca; sono state censite oltre 80 specie di uccelli, pari al 50% delle specie nidificanti in Sardegna, tra i quali ricordiamo gli endemici astore, sparviere, poiana, barbagianni, scricciolo, cinciallegra, venturone corso e ghiandaia (esclusiva sarda). Sono state segnalate 3 specie di anfibi, tra cui gli endemici discoglosso sardo e raganella sarda, e 12 specie di rettili tra cui gli endemici tarantolino, algiroide nano, lucertola campestre e luscengola. Sono state censite inoltre 17 specie di mammiferi, tra le quali il cinghiale, la volpe, il quercino, la crocidura rossiccia e la martora. Di particolare interesse, per chi volesse visitare Seneghe è il bosco comunale, chiamato “su monte”, che si estende per circa 900 ettari, dove si possono osservare le principali tipologie forestali presenti nel territorio, alberi secolari e numerose specie animali e vegetali di interesse naturalistico; inoltre in diversi punti panoramici si può godere di un’ampia vista che spazia dalle zone costiere sino alle cime del Gennargentu.
(Di Giuseppe Fenu, Botanico)
@FONTE: https://www.prolocoseneghe.it/